Intervista al Prof. Mantovani sulle ultime evoluzioni delle terapie chirurgiche per russamento e apnee nel sonno

Prof. Mantovani, recentemente ci sono stati importanti convegni a livello nazionale ed internazionale riguardo al tema delle tecniche chirurgiche per il russamento e per l’OSAS (apnee nel sonno).
Vorremmo fare per i nostri lettori il punto della situazione e vedere con lei quali sono le ultime novità a riguardo.

1. Da quanto è stato esposto dai Relatori, le tecniche chirurgiche per il russamento si inseriscono in un ampio quadro di terapie che prevedono anche l’utilizzo della CPAP o l’utilizzo dei dispositivi intraorali (MAD) o altre terapie quali ad esempio il dimagrimento. E’ corretto?

Sicuramente, e su questo punto ritengo utile fare una precisazione di metodo.  Va subito detto infatti che, in accordo con i principi della buona prassi medica, di fronte ad un quadro patologico come i disturbi respiratori del sonno, passibili di trattamento terapeutico sia medico che chirurgico, il ricorso al bisturi deve immancabilmente rappresentare la “seconda” scelta, non perché meno efficace ma in quanto penalizzato da una intrinseca invasività, più o meno accentuata a seconda della tipologia di intervento.
Ecco allora perché a nostro avviso l’opzione chirurgica, anche se poco invasiva come nel caso delle nuove metodiche non demolitive a cui accennerò più avanti, dovrebbe sempre far seguito al fallimento o al rifiuto dei trattamenti non invasivi , essenzialmente rappresentati da: igiene del sonno, terapia posizionale, calo ponderale (ove indicato), attività fisica, eliminazione di assunzione di sostanze voluttuarie e/o farmacologiche note per essere in grado di facilitare la patologia (es. alcoolci, benzodiazepine, antiistaminici), dispositivi intraorali di avanzamento mandibolare, uso della ventilazione respiratoria notturna a pressione positiva (CPAP).
Rispettando lo stesso filo logico va da sé che, una volta maturata la decisione di scegliere la soluzione chirurgica, dovrebbe essere data la preferenza alla procedura efficace meno invasiva a disposizione.

2. Chirurgia del russamento: facciamo un po’ d’ordine nelle varie tecniche che si sono succedute nel tempo sino ad arrivare a quelle oggi più comunemente utilizzate

Innanzitutto è necessario ricordare che il russamento, quel rumore caratteristico che disturba le notti del 40-50% della popolazione adulta, è prodotto dalla vibrazione di pareti mucose contrapposte che, per eccessiva collassabilità, vengono a reciproco contatto durante il passaggio di un flusso aereo nell’interno del tratto faringeo delle prime vie aeree. La sede più comune di questo fenomeno è la regione retropalatale, alla cui composizione partecipano l’ugola, il palato molle, le tonsille palatine . i pilastri tonsillari e le pareti faringee laterali e posteriori.
La preoccupazione principale dei pionieri della chirurgia del russamento della seconda metà del secolo scorso, convinti che il fenomeno fosse esclusivamente legato ad una anomalia puramente anatomica e cioè alla ristrettezza delle prime vie aeree, era quella di allargarne il lume sacrificando, in parte o in toto, alcune delle strutture ritenute responsabili di tale restringimento ( palato molle/ugola e tonsille palatine/pilastri tonsillari in particolare).
Ecco allora spiegato il perché della connotazione “demolitiva” della chirurgia del russamento di quel periodo, di cui ricordo gli interventi più tipici come la LAUP (Laser Assisted Uvulo Plastica), basata sulla asportazione effettuata con LASER CO2 di una parte dell’ugola e sulla sezione a tutto spessore del palato molle ai due lati della base dell’ugola, oggi completamente caduta in disuso, e la UPPP (Uvulo Palato Pharyngo Plastica), consistente in una più o meno estesa demolizione di ugola, pilastri tonsillari, palato molle e tonsille, ancor oggi praticata nonostante siano già stati ampiamente documentati la modesta efficacia (non oltre il 40 %), l’alto rischio di complicanze e sequele disfunzionali invalidanti tra le quali, non ultima, la impossibilità di usare possibile la CPAP nei casi di insuccesso chirurgico.
In seguito, in verità più per il trattamento delle apnee che del semplice russamento, si pensò allora di dare la preferenza a tecniche chirurgiche capaci di allargare lo spazio interno delle prime vie aeree agendo sulle strutture ossee che le circondano, cioè la mandibola, il mascellare superiore, l’osso ioide ed il palato duro: a fronte di risultati discreti, o ottimi come nel caso dell’avanzamento bi mascellare, la importante invasività e le non rare complicanze e sequele proprie di questo tipo di chirurgia finirono per circoscriverne l’impiego a casi attentamente selezionati ed a prevalente componente apnoica.
Per ovviare a questa situazione di stallo furono proposte per il trattamento del russamento tecniche mini-invasive, assai attraenti anche perché eseguibili in ambulatorio ed in anestesia locale. Fanno parte di questa tipologia di procedure roncochirurgiche l’inserimento di impianti di materiale plastico nello spessore del palato e la creazione di cicatrici intrapalatali o basilinguali di irrigidimento ( con impiego di radiofrequenze o di iniezione di sostanze sclerosanti). L’iniziale entusiasmo si dovette però smorzare rapidamente alla luce dei risultati, non solo poco brillanti, ma penalizzati per di più da problemi di costo e/o di necessità di trattamenti ripetuti.
L’alba del terzo millennio vide la nascita di un nuovo approccio al problema, di cui fu pioniere il Chirurgo brasiliano Michael Cahali. Questi per primo capì l’importanza primaria della eccessiva collassabilità delle pareti faringee laterali nella genesi dei fenomeni respiratori patologici notturni: il suo intervento, del tutto innovativo e denominato “Faringoplastica laterale”, aveva perciò come obiettivo la loro stabilizzazione grazie a strategici spostamenti delle formazioni muscolari in esse contenute. Nonostante la componente demolitiva fosse limitata alla sola tonsillectomia i risultati furono assai incoraggianti. L’inconveniente principale fu però rappresentato da un’ alta incidenza di disturbi della deglutizione, imputabili alla sezione del muscolo costrittore superiore della faringe che rappresentava uno dei tempi principali dell’intervento.
Lo stesso concetto fu ripreso in seguito da due Chirurghi di nazionalità diversa, entrambi assai conosciuti nel mondo scientifico internazionale, B. Tucker Woodson americano e Kenny Pang di Singapore che, ispirandosi alla faringoplastica laterale di Cahali, ne emendarono il difetto principale eliminando la sezione del muscolo costrittore superiore della faringe. La loro tecnica, denominata “Expansion sphyncter pharyngoplasty” (2007), si dimostrò subito assai efficace e ben tollerata guadagnando così una grande notorietà. Anche oggi continua infatti ad avere una grande diffusione.
In questo panorama internazionale nel 2009 nasceva a Milano una nuova idea, fondata su tre distinti elementi innovativi:

  1. rispetto dell’integrità delle strutture fibromuscolari del palato e della faringe (che non dovevano pertanto né essere sezionate né tantomeno asportate);
  2. utilizzazione di appigli saldi, costituiti da strutture anatomiche ossee e fibrose (spina nasale posteriore, periostio ed aponeurosi palatali, hamuli pterigoidei e rafi pterigomandibolari, sino ad allora ignorati in questo tipo di chirurgia nonostante provvidenzialmente disposti dalla natura nei punti strategici ottimali, e cioè al davanti del palato molle ed ai lati delle pareti faringee), come punti di attacco di una tensostruttura tridimensionale creata in seno ai tessuti fibromuscolari del palato e della faringe per ridurne la collassabilità;
  3. impiego di materiale di sutura del tutto innovativo e mai utilizzato in precedenza nella chirurgia del distretto orale e faringeo: le “barbed sutures”, ovvero fili di sutura “autobloccanti” che, grazie alla presenza di speciali spicule scolpite lungo la loro parete, sono in grado di agire sui tessuti in modo assai omogeneo e senza necessità di essere annodati.

Questa nuova idea si è concretizzata nella realizzazione di un nuovo approccio chirurgico ai disturbi respiratori del sonno che, per la somiglianza del suo meccanismo di azione con quello di un ben noto accessorio di arredamento, le tende a pacchetto, abbiamo chiamato “Tecnica delle tende a pacchetto” (“Roman Blinds Technique” in lingua inglese). Dopo l’introduzione del nuovo materiale di sutura nella sua realizzazione (2011) lo abbiamo gratificato di un doppio cognome ribattezzandolo “Tecnica delle tende a pacchetto con fili autobloccanti” (“Barbed Roman Blinds Technique” in lingua inglese).
I risultati sinora ottenuti sono oltremodo incoraggianti: l’assenza di complicanze e sequele disfunzionali invalidanti, frutto della non demolitività della procedura, e l’alto tasso di successo e gradimento da parte dei pazienti ci stanno confermando la validità della nuova tecnica.
Un Chirurgo italiano di Bologna, Giovanni Sorrenti, ha recentemente pubblicato (2013) una modifica personale della “Expansion Sphyncter Pharyngoplasty” di Kenny Pang e B. Tucker Woodson: per renderla ancor meno invasiva ha eliminato l’ incisione della mucosa palatale, prevista dalla tecnica originale, ed ha proposto che il lembo muscolare palatofaringeo venisse introdotto a cielo coperto in un tunnel ricavato nello spessore del palato. Quello che mi ha piacevolmente sorpreso è che, nella descrizione dettagliata dell’intervento, l’ Autore indica che, una volta ruotato superolateralmente nel tunnel palatale ( elemento “chiave” di questa tecnica) il muscolo palatofaringeo deve essere ancorato con un filo di sutura “all’hamulus pterigoideo” e non più la muscolatura del palato molle (come descritto nella pubblicazione originale di K. Pang e B. T. Woodson del 2007), rivelando così che il messaggio milanese delle tende a pacchetto, ed in particolare l’importanza dei punti ossei perifaringei da noi individuati, era stato ben recepito ed accettato.
Peraltro, da quanto si legge in una recente pubblicazione degli stessi K. Pang e B.T. Tucker Woodson (2013) dedicata alla rivisitazione della loro tecnica originale, sembrerebbe che il nostro messaggio abbia già superato i confini nazionali: anche per loro infatti è l’hamulus pterigoideo, che in precedenza non avevano mai menzionato, l’appiglio sicuro a cui ancorare la sutura muscolare!

3. E’ possibile trattare con queste tecniche sia chi soffre di russamento semplice sia chi soffre di apnee nel sonno? Gli interventi chirurgici sono uguali o diversi?

Il fattore principale che condiziona la scelta terapeutica non è il tipo di manifestazione clinica da trattare, cioè il russamento semplice oppure le apnee, bensì la sede anatomica in cui si genera la vibrazione (russamento) o l’ostruzione (apnea) delle pareti delle prime vie aeree. Una volta stabilito, e vedremo come, che la sede è quella retropalatale, cioè quella posta al di dietro del palato molle, l’intervento delle “tende a pacchetto”, per esempio, potrà essere indicato sia per trattare il russamento che le apnee di quel paziente.
E’ invece evidente che questo intervento non sarà indicato per risolvere apnee causate da ostruzioni faringee più basse, per esempio quelle localizzate a livello retrobasilinguale, cioè all’altezza della base della lingua, che saranno quindi da affrontare con altri procedimenti chirurgici, di cui parleremo in seguito, specifici per quella sede.
Detto questo appare evidente l’imprescindibile necessità di un corretto inquadramento diagnostico di ciascun paziente prima di passare alle scelte terapeutiche.

4. Quali sono quindi le procedure oggi considerate ottimali?

Al momento rimangono sicuramente attuali tutte le procedure non invasive che ho ricordato rispondendo alla prima domanda, cioè igiene del sonno, terapia posizionale, calo ponderale (ove indicato), attività fisica, eliminazione di assunzione di sostanze voluttuarie e/o farmacologiche note per essere in grado di facilitare la patologia (es. alcoolici, benzodiazepine, antistaminici), dispositivi intra orali di avanzamento mandibolare, uso della ventilazione respiratoria notturna a pressione positiva (CPAP).
Per quanto riguarda l’armamentario terapeutico “invasivo”, cioè chirurgico, abbiamo oggi a disposizione tecniche diverse a seconda della sede anatomica da trattare. A mio avviso la indicazione dei singoli interventi dovrebbe essere quella che riporto di seguito.

Per la regione retropalatale:

  • “Expansion sphyncter pharyngoplasty” (K. Pang e B. Tucker-Woodson)
  • “Functional expansion pharyngoplasty” (G. Sorrenti)
  • La nostra “Roncochirurgia con fili autobloccanti” (“Barbed Snore Surgery” in lingua inglese) :
    • Tecnica delle tende a pacchetto con fili autobloccanti (M. Mantovani)
    • Tecnica di faringoplastica anteriore con fili autobloccanti (F. Salamanca, M.Mantovani)
    • Tecnica di “Alianza”, realizzata associando le due precedenti (M. Mantovani)

Per la regione retrobasilinguale:

  • Avanzamento maxillo-mandibolare (ampliamento dello spazio faringeo in toto creato da osteotomie di avanzamento del mascellare superiore e della mandibola), da preferire in presenza di alterazioni strutturali congenite o acquisite della mandibola o del mascellare superiore (note come disgnazie o dismorfie craniofacciali).
  • Trans Oral Robotic Surgery (asportazione di una porzione di base linguale associata a plastica dell’epiglottide utilizzando un robot che consente di operare con sicurezza attraverso la bocca in un distretto anatomico così complesso e vascolarizzato), da preferire in presenza di macroglossia o ipertrofia delle tonsille linguali.
    • Entrambi gli interventi sono piuttosto invasivi e pertanto da riservare a sindromi apnoiche di cospicua entità ed a pazienti accuratamente selezionati e motivati.

Per la regione laringea (epiglottide, aritenoidi):

  • Approccio micro laringoscopico, comunemente usato dall’Otorinolaringoiatra per la chirurgia della laringe, impiegando il Laser CO2 o strumenti freddi.

5. Lei è l’ideatore dell’originale approccio metodologico e strumentale denominato “BSS – Barbed Snore Surgery” (in italiano “Chirurgia del russamento e delle apnee del sonno mediante uso di fili autobloccanti) basato sulla innovativa visione tridimensionale dell’anatomia distrettuale e sull’impiego di speciali materiali, i fili autobloccanti o “Barbed sutures” per l’appunto, particolarmente efficaci nel creare modificazioni strutturali persistenti nei tessuti senza necessità di demolizione della loro componente fibrosa e muscolare. La “Barbed Roman blinds technique , BRBT” o “Tecnica delle tende a pacchetto con filo autobloccante”, una delle BSS più note, quali vantaggi offrirebbe?

Con questo intervento, che è stato il capostipite di tutta la BSS, è possibile correggere l’eccessiva collassabilità del velo palatino e delle pareti faringee corrispondenti creando nel loro interno (e precisamente in seno alla loro componente fibro-muscolare) un incremento della tensione strutturale mediante una trama di fili autobloccanti connessi a specifici appigli solidi circostanti. QuestiI fili, composti di materiale riassorbibile, sono destinati ad essere riassorbiti completamente nel giro di sei mesi: saranno le reazioni fibrocicatriziali che si sviluppano in seno ai tessuti fibromuscolari strutturalmente modificati dall’intervento, già presenti a partire dalla terza o quarta settimana, a consolidare nel tempo i risultati.
I principali vantaggi di questo approccio chirurgico consistono fondamentalmente nella assenza di demolizione tissutale fibro-muscolare (quindi nella potenziale reversibilità –entro le prime tre o quattro settimane per la precisione- , ripetibilità e buona tollerabilità dell’intervento), nella modulabilità del rimodellamento strutturale che si vuole ottenere (che può essere programmato caso per caso in base alle necessità dettate dai riscontri della “sleep endoscopy” preliminare all’intervento), assenza di complicanze e sequele disfunzionali, provata efficacia, ed associabilità ad altre procedure chirurgiche distrettuali (chirurgia nasale, tonsillare, laringea).

6. Qual è l’esperienza accumulata con la tecnica BSS?

Al momento attuale la nostra esperienza ha superato i centocinquanta casi trattati.
L’affinamento delle procedure diagnostiche, in particolare l’introduzione routinaria della “sleep endoscopy” preoperatoria, ci ha consentito di raggiungere una personalizzazione della procedura sempre più accurata con una corrispondente miglioramento dei risultati ottenuti. Attualmente siamo infatti giunti alla formulazione di un vero e proprio protocollo operativo finalizzato ad una precisa personalizzazione dell’intervento per ciascun paziente.

7. Questo tipo di intervento è adatto a tutti? Ci pare di capire che l’intervento deve essere altamente “personalizzato”: come si fa a sapere come è necessario intervenire? 

Come ho detto in precedenza, questo intervento trova una precisa ed esclusiva indicazione nei pazienti affetti da disturbi respiratori del sonno (russamento e/o apnee) a genesi retropalatale che non abbiano tratto vantaggio dai trattamenti non chirurgici in precedenza ricordati o li abbiano rifiutati (come accade spesso per la CPAP) e che non siano affetti da patologie associate atte a controindicare l’intervento che, ricordo, deve essere eseguito in anestesia generale.

Negli ultimi anni abbiamo potuto migliorare enormemente l’efficacia di questo nuovo tipo di chirurgia grazie alla “Sleep endoscopy”, una tecnica diagnostica assai raffinata che ci consente di esplorare endoscopicamente le vie aeree del paziente mentre l’anestesista lo sta facendo dormire, somministrandogli farmaci opportunamente dosati per ricreare una condizione analoga a quella del sonno naturale. Il paziente addormentato manifesterà allora i disturbi respiratori del sonno che lo affliggono e noi potremo verificarne direttamente e con grande precisione la sede ed il tipo di collasso delle pareti delle prime vie aeree esplorandole endoscopicamente. Nello stesso paziente sveglio sarebbe stato assolutamente impossibile fare una diagnosi del genere dato che il comportamento della muscolature contenuta nello spessore del palato e della faringe in stato di veglia non ha nulla a che vedere con quello che succede durante il sonno. Poiché la correttezza della diagnosi è la chiave del successo della chirurgia dei disturbi respiratori del sonno è facile comprendere quanto sia stata preziosa la “Sleep endoscopy” nella messa a punto del nostro protocollo terapeutico “personalizzato”.

8. Come siamo posizionati in Italia per questo tipo di interventi?

Molto bene. La Chirurgia dei disturbi respiratori del sonno mediante tecnica delle tende a pacchetto con uso di fili autobloccanti è nata presso i Centri Universitari ed Ospedalieri come la UOC di Otorinolaringoiatria della Fondazione Cà Granda IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ed oggi siamo operativi in alcune strutture.

La divulgazione della tecnica mediante pubblicazioni scientifiche, Corsi e Congressi Nazionali ed Internazionali ha creato un notevole interesse e sono molti gli esperti in questo particolare ed importante settore della Scienza Medica che hanno mostrato grande interesse per la nostra impostazione metodologica e procedurale. Recentemente a Milano è stato tenuto un Convegno dedicato alla “Roncochirurgia 3D e Barbed Snore Surgery “ a cui hanno partecipato numerosissimi addetti ai lavori tra cui i più esperti cultori nazionali dell’argomento. Il messaggio più importante che abbiamo voluto trasmettere è consistito nella assoluta imprescindibilità di inserire il “gesto chirurgico” in un percorso diagnostico complesso ed articolato, senza il quale la bontà dei risultati attesi potrebbe soffrire notevolmente.

9. Ci può già dire quali saranno gli sviluppi futuri?

Tra i progetti prioritari la divulgazione “controllata e certificata” dell’impostazione metodologica della roncochirurgia con fili autobloccanti costituisce il nostro più urgente target.

Una delle nostre maggiori preoccupazioni consiste infatti nella potenziale quota di rischio di insuccessi o complicanze derivanti da una incorretta utilizzazione della nostra nuova tecnica chirurgica, apparentemente assai semplice, in realtà piuttosto complessa perché da attuare in un distretto del corpo umano assai complesso, sia dal punto di vista anatomico che funzionale, che deve essere conosciuto alla perfezione da chi si vuole impegnare in questa chirurgia.
In ambito di “nuove frontiere chirurgiche” invece stiamo accingendoci a sviluppare un protocollo operativo, improntato sulla metodologia delle tende a pacchetto, finalizzato al trattamento dei disturbi respiratori del sonno a genesi retrobasilinguale che, come abbiamo visto in precedenza, non offre al momento soluzioni facili e poco invasive. La sfida è veramente notevole, ma pensiamo di avere tra le mani un’arma assai duttile ed efficace (che non ci tradirà) con cui poterla raccogliere.

Prof. Mario MANTOVANI
Specialista in Otorinolaringoiatria, Chirurgia Plastica, Chirurgia Maxillo-Facciale

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Ultimo aggiornamento: 1 Luglio 2016|